Questa non l'ho vista prima di stasera, nonostante fosse in giro dal 1° gennaio.
Dopo Google e Yahoo! anche la Apple cede alla censura cinese. La società di Cuppertino in California, impresa icona del politically correct americano, attraverso la China Unicom che da due mesi distribuisce nel Paese asiatico i prestigiosi modelli iPhone del gruppo, ha di fatto bloccato l'accesso a cinque programmi relativi al leader spirituale tibetano Dalai Lama. Se quindi un utente cinese mette su un iPhone la ricerca "Dalai", il risultato è nulla, al contrario invece di quello che invece succede allo stesso apparecchio in un'altra parte del mondo che non sia la Cina. Anche un'altra applicazione dedicata a Rebiya Kadeer, leader degli uiguri, un'altra minoranza invisa alle autorità cinesi, non compare nell'App Store cinese.
Sono almeno cinque le applicazioni legate al Dalai Lama presenti sull'App Store italiano e che non risultano in quello cinese. Alcune di quelle applicazioni, come Dalai Quotes e Dalia Lama Gebetsmuhle (titolo tedesco di un'applicazione disponibile anche in inglese), mostrano citazioni del leader spirituale tibetano. Un'altra, Dalai Lama Paging, comunica dove sta insegnando il Dalai Lama. Ci sono poi due applicazioni, Buddhist Dictionary e Nobel Laureates, che citano il Dalai Lama insieme ad altre informazioni.
La scoperta della censura ha fatto andare su tutte le furie Reporter senza Frontiere, Rsf, che ha chiesto spiegazioni al colosso dell'informatica Usa: "Gli abbonati dell'iPhone in Cina - si legge in una nota - hanno il diritto di sapere a che cosa non hanno accesso libero. L'azienda americana si unisce al club delle imprese che applicano la censura nel Paese: una grande delusione da parte di un gruppo che ha basato la sua campagna pubblicitaria sul Think different (pensa differentemente) e che si ritiene creativa".
La portavoce di Apple, Trudy Muller, ha risposto in una e-mail alla mancata vendita delle applicazioni proibite: "Ci atteniamo alle leggi locali - ha affermato - e non tutte le applicazioni sono possibili in tutti i Paesi".
Fonte: Repubblica
Ma come, quando Google e, soprattutto, Microsoft si attenevano alle leggi cinesi per censurare tutti a gridare "al lupo al lupo, censori, servi della dittatura cinese" e cose del genere, e quando lo fa Apple a momenti non vola una mosca?
Ah, ma è il Think different... Eh, già!
Per carità, le leggi locali sono quelle. Chiunque vuole operare in Cina si deve adeguare.
RispondiEliminaMa una azienda come Apple, con tutto il popò che dice del "think different", in un mercato del genere non ci sarebbe dovuta nemmeno entrare, se davvero "think different".
Così mi dimostra ancora una volta che quando ci sono i soldi, non c'è pensiero che tenga.
A rafforzamento della mia opinione: non ci sono aziende da adorare, non fanno né il tuo né il mio interesse, solo il loro.
Inoltre contesto il fatto che con Apple la cosa sia passata ben più in sordina rispetto al rebelot che ci fu quando lo fecero Google e Microsoft. Perché con loro non valeva la stessa misura?
@floo ma il think different non è rivolto all'utente o alle leggi oa cose cosi... il think different è rivolto alla visione dell'azienda al mercato dell'informatica...che, piaccia o non piaccia, è veramente diversa da tutte le altre...
RispondiEliminaPurtroppo anche apple deve adeguarsi alle leggi soprattutto quelle di mercato e dopo aver tolto il wifi han dovuto anche togliere quelle app...
alla fine la cina à uno degli ultimi mercati mancanti ma alla fine era un potenziale mercato troppo grande..
Apple potrà pensarla solo per l'informatica, questa cosa... Ma molti l'hanno presa sul serio, come stile di vita... Dunque, anche a leggi o a cose così... Mi piacerebbe sapere la loro reazione.
RispondiEliminaFloo, "think different" non è relativo a quello che credi te ma ad un più prosaico "spendi di più ed ottieni uguale, possibilmente di meno"
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